lunedì 3 novembre 2008

DOPO IL CORRIERE ....ANCHE LA REPUBBLICA PARLA DI DISLESSIA

Ieri sul quotidiano "La repubblica" si è parlato di dislessia in prima pagina e poi a seguire a pagina 19.
Riporto qui sotto l'articolo:

Il popolo dei dislessici Non nascondiamoci più

Repubblica — 02 novembre 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA


Secondo la scienza quel che comunemente viene chiamata dislessia è un disturbo che pur non togliendo nulla al quoziente di intelligenza, tuttavia incide in varia misura su alcune abilità, come leggere in modo fluido, scrivere con una grafia ordinata o fare correttamente i calcoli aritmetici. Ma cosa significhi nel concreto essere dislessici è questione che abbiamo a lungo scansato.Per molti anni la dislessia è parsa una specie di dono esclusivo, aristocratico come l' emofilia: "Il dono della dislessia", si intitolava un libro iscritto in quel genere. Divenuti i tempi più crudi, alcuni comici di successo hanno affacciato nel senso comune la convinzione che il dislessico sia una sorta di idiota ("Ma che sei dislessico?", è la battuta). Per nulla idioti ma tutt' altro che privilegiati dalla sorte, i dislessici per la prima volta si raccontano in un "Libro bianco" edito da LibriLiberi. E spiegano come il loro disturbo sia origine, soprattutto a scuola, di sofferenza, di umiliazioni e di una fatica enorme. Chi accosti il problema da profano trova innanzitutto sorprendente la vastità del fenomeno. Secondo proiezioni statistiche sono dislessici alcuni milioni di italiani, dal 3 al 5% della popolazione. Se le stime sono esatte, le nostre aule ospitano 350mila dislessici. Ma i dislessici che la scuola riconosce come tali sono meno. Ancor meno quanti di loro hanno alle spalle una famiglia che disponga di tempo, strumenti o mezzi finanziari per aiutarli nello studio. Soprattutto in questi casi, gli insegnanti risultano decisivi. Dove c' è un buon insegnante l' alunno dislessico non viene scambiato per uno studente svogliato e disattento, un incorreggibile da punire con ramanzine, derisioni, brutti voti, bocciature. E la scuola non reprime le sue vocazioni più autentiche, non gli rende la vita un inferno, non gli inculca una sfiducia sistematica in se stesso. Non è retorica dire che un bravo docente può decidere l' esistenza di una persona dislessica. Lo conferma un insegnante di eccezionale talento, lo scrittore Daniel Pennac. Ha spiegato al recente Festival della letteratura di Mantova, pur senza riferirsi unicamente ai dislessici: «Un vero professore si preoccupa di comprendere il dolore e la solitudine di un bambino che non capisce in un mondo di ragazzi che capiscono~ Solo noi possiamo tirarlo fuori da quella prigione, sia che siamo formati per farlo o meno». Pennac quella prigione la conosce anche per esservi stato, a scuola era afflitto da gravi problemi di ortografia e fu bocciato più volte. «Gli insegnanti che mi hanno salvato e che hanno fatto di me un insegnante, non erano formati per questo. Non si sono preoccupati delle origini della mia infermità scolastica, non hanno perso tempo a cercare le cause e tantomeno a farmi la predica. Erano adulti di fronte a un adolescente in pericolo. Hanno capito che occorreva agire tempestivamente, si sono buttati, non ce l' hanno fatta. Si sono buttati di nuovo, giorno dopo giorno, alla fine mi hanno tirato fuori. E molti altri con me. Ci hanno letteralmente ripescati. Dobbiamo loro la vita». Ma per tanti docenti cui nessuno, se non i dislessici, riconoscerà il merito di aver salvato migliaia di esistenze, ve ne sono altri che ritengono che il problema non li riguardi, giacché affrontarlo non è incluso nel loro stipendio e nella loro formazione. Molti di loro non nascondono di considerare gli alunni dislessici una zavorra di cui vorrebbero liberarsi; e di conseguenza non tengono in alcun conto i certificati medici, non li protocollano come prescrive la legge, non concedono il ricorso agli strumenti compensativi (come computer e registratore) previsti da un circolare ministeriale del 2004. In futuro la capacità di questi insegnanti di provocare danni potrebbe essere limitata da una legge probabilmente bipartisan, la Asciutti-Franco, dal nome dei due parlamentari nei giorni scorsi presenti all' affollatissimo convegno nazionale dell' Associazione italiana dislessia, curatrice del 'Libro bianco' . Più complicato, osserva nella prefazione lo psicologo Giacomo Stella, cambiare la cultura di quegli insegnanti che tuttora non riescono a immaginare altra modalità di apprendimento che quel sistema rigido di misure standard e metodi fissi con quali fu alfabetizzata l' Italia rurale, parecchi decenni orsono. - GUIDO RAMPOLDI