Troppe diagnosi di dislessia?
La replicaDa quando i dislessici hanno una legge che li tutela avevo deciso di non reagire più alle sciocchezze che ogni tanto vengono dette o scritte da tromboni che citano ricerche senza mai presentarle nelle sedi di confronto scientifico, o da insegnanti che si sentono privati della loro arma letale (la bocciatura) nell’educare i loro studenti. Discutere e ragionare con chi oppone chiacchiere e fanfaronate ai risultati di anni di ricerche è una perdita di tempo inutile perché queste persone in genere non vogliono ascoltare e non vogliono documentarsi. Ma la pagina che avete pubblicato sul vostro giornale sulla dislessia rappresenta una svolta nei panorama dei “negazionisti”: non dice infatti che la dislessia non esiste, ma dice che” la dislessia è troppo diffusa per essere vera”. Argomento ideologico e non scientifico molto pericoloso perché sarebbe come dire che un fenomeno viene accettato solo se è piccolo, invisibile, così non dà fastidio. Storicamente è sempre stato così con le minoranze e con i diversi. E in effetti è lo stesso argomento che si usa con gli extracomunitari: vanno bene e ci servono se sono pochi e non si vedono. Se diventano troppi, ci costringono a cambiare le nostre abitudini e questo ci disturba.
Se i dislessici diventano troppi allora la scuola è costretta a cambiare, magari a introdurre i computer per tutti o ad aggiornare la didattica, o a ripensare ai criteri di valutazione. Come si da dire dire che sono troppi? Quali dati si portano? Magari ne suggerisco qualcuno: l’ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna nel 2009 ha svolto una ricerca alla quale hanno partecipato il 51% delle scuole pubbliche e paritarie di ogni ordine e grado della regione. In totale i dislessici diagnosticati sono 4452, che corrisponde allo 1,47% della popolazione scolastica della stessa regione. Questi sono numeri certi e corrispondono un terzo circa di quelli citati come percentuale attesa. Dove sono tutte queste diagnosi? Forse dà fastidio e manda in confusione la domanda diffusa di tante famiglie che non riesce a ricevere risposte dai servizi impreparati ad affrontare il problema sia in termini numerici che clinici.
Il 3 % della popolazione scolastica italiana corrisponde a 240.000 bambini e studenti. Non sono né tanti né pochi, sono bambini e famiglie che combattono quotidianamente oltre che per vincere la difficoltà di apprendere e stare al passo con le richieste della scuola, anche contro l’ignoranza di chi parla di malattia, di medicalizzazione e di ospedalizzazione delle scuole. Di chi , come te, alimenta la confusione fra ADHD e dislessia, parla a vanvera di inutilità della rieducazione e di uso dei computer che oggi tutti i bambini usano dappertutto tranne che nella scuola. Anche in questo caso ci sono tonnellate di documenti prodotti dalla ricerca che dicono che la dislessia non è una malattia, ma l’espressione di una piccola differenza di alcune aree del cervello che non impedisce di imparare, ma lo rende molto più faticoso. E in questa società che vuole tutto e subito questa fatica e lentezza non viene tollerata. Ma forse questo è un concetto troppo elaborato per chi è abituato a distinguere i malati dai sani, i neri dai bianchi, gli intelligenti dagli stupidi. In ogni caso l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le linee guida per la diagnosi della dislessia, che prevedono una precisa e (ahimè per i bambini) lunga batteria di prove metodologicamente rigorose, da cui sono assenti proprio i suoi questionari. Chi alimenta scetticismo e confusione alla fine contribuiscono a mettere pietre nel già pesante zaino che i dislessici si portano a scuola tutte le mattina.
Giacomo Stella
Fondatore Associazione Italiana dislessia, Ordinario di Psicologia clinica, Università di Modena e Reggio Emilia
20 dicembre 2011
mercoledì 21 dicembre 2011
REPLICA DEL PROF. STELLA PER ARTICOLO CORRIERE DELLA SERA
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